Stiamo attraversando un momento difficile, complesso, in cui sembra ancora lontana la possibilità di tratteggiare i contorni di quel che sarà nel prossimo futuro. L’incertezza, l’imprevedibile e l’inaspettato, il rischio, la probabilità sempre più caotica sembranoessere elementi costituenti dell’oggi e di quel che potrebbe essere nel domani.
Ne nascono pertanto comportamenti tra loro contraddittori, uno stesso sentire collettivo proiettato in parte su letture e valori differenti, una applicazione di scelte e decisioni pubbliche anche tra loro divergenti nell’ambito della stessa gerarchia istituzionale.
Eppure, era già Loris Malaguzzi, pur se in altri tempi e contesti, a ricordarci che “…..Le incertezze che abbiamo relative alla conoscenza della natura, sono le stesse incertezze che stanno dentro alla nostra stessa natura della conoscenza” (1988).
L’incertezza, l’inaspettato, il rischio non possono pertanto essere ostacoli contro cui arenarsi e presso cui dismettere quell’ impegno di approfondimento, studio e azione che da sempre ha contraddistinto il Gruppo Nazionale.
Avevamo scritto in uno dei nostri incontri pubblici “ Siamo e vogliamo essere occasione di incontro e discussione, di azione sui territori, di diffusione della cultura dei servizi di qualità per l’infanzia, di promozione e azione politica per l’infanzia”. Valgono più che mai per l’oggi, ma anche per il domani, fosse anche per i nostri prossimi quarant’anni.
Vogliamo continuare ad essere “cercatori del possibile”, di quel possibile che precede il reale e lo comprende come caso particolare e attuale (Ceruti, 1987) e che, nell’ancora malaguzziano richiamo del rapporto tra teoria e pratica, possa permetterci di pensare a utopie concrete, capaci di coniugare il senso prospettico del pensiero educativo e pedagogico con le decisioni politiche e di sistema in grado di renderlo possibile.
Questo, in un contesto in cui, come peraltro sempre dovrebbe accadere lavorando con senso prospettico, dobbiamo sapere analizzare i risultati ottenuti senza considerarli come eterni e inamovibili, soprattutto in un mondo che muta e dentro il quale il Gruppo Nazionale vuole continuare ad essere, utilizzando la stessa diversità di professioni, opinioni, esperienze, contesti operativi che lo compongono come un valore forte e imprescindibile per essere in azione nel cambiamento.
Ribadiamo così e con forza che rimane principio formativo fondamentale il rispetto dei diritti dei bambini, così come sanciti dalla Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza del 20 novembre 1989 e che le azioni normative e amministrative devono sapere innescare processi organizzativi e educativi in grado di rendere esigibile per ogni bambino il diritto soggettivo all’educazione e al riconoscimento della propria unicità e diversità.
Ancor più – quando la pandemia in corso ha fatto emergere con totale evidenza la gravità dei casi di fragilità, povertà economica e o educativa, situazioni di background migratorio oggi presenti nel sistema sociale e economico- si pone come ineludibile il tema dell’accessibilità, inclusività e universalità del sistema 0 6, ponendosi da subito l’esigenza del superamento del sistema 0 3 dai servizi a domanda individuale, al fine di favorire la massima frequentazione di un sistema integrato 0-6 capace di essere riconosciuto come essenziale dagli stessi genitori e dalla comunità locale.
Risulta pertanto necessario prevedere un forte sostegno all’offerta dei servizi sul territorio, sia in termini di investimento sulle strutture (sfruttando anche quelle scuole dell’infanzia che si rendono o renderanno libere per il calo demografico) che di spesa per la gestione, considerando infatti necessaria la massima attenzione verso il potenziamento dei servizi educativi in quanto tali, non essendo sostituibili da forme economiche di sostegno in altro modo qualificate (voucher, assegni bebè e simili). Riteniamo pertanto che anche attraverso le possibili risorse derivanti dal Recovery Found si debba realisticamente programmare il raggiungimento entro pochi anni, per quanto riguarda la fascia 0-3, dell’obiettivo di un 33% di copertura a intero finanziamento pubblico in ogni regione e, per quanto riguarda la fascia 3-6, l’obiettivo del 95% di copertura sempre su base regionale, di posti a tempo pieno. Auspichiamo altresì che si proceda evitando i soliti finanziamenti a pioggia, molto spesso non controllati né controllabili nel loro utilizzo, per un investimento delle risorse in relazione al contesto sociale, educativo e economico all’interno del quale si realizzano nel contempo perseguendo la massima interazione con tutte le risorse agibili in tal senso. L’art.7 del D.Lgs.65/2017 prescrive che siano gli enti locali a coordinare l’offerta formativa sul proprio territorio: debbono pertanto essere i Comuni, uscendo per molti di essi dalle solite politiche di indeterminatezza se non di vero e proprio disimpegno, a costruire una rete integrata tra servizi, scuole dell’infanzia e gestori dei servizi educativi stessi, per il consolidamento di una rete di offerte coerenti con il proprio territorio e gli indirizzi dettati dallo Sato e dalle Regioni. I patti educativi territoriali, di recente richiamo almeno a livello teorico, potrebbero essere strumenti su cui avviare un ragionamento per cogliere l’eventuale efficacia nello sviluppo delle risorse e dei sistemiin un ambito sociale omogeneo.
I poli dell’infanzia potrebbero essere strumenti utili per realizzare il coordinamento e la continuità dell’offerta educativa già esistente, come anche per conseguire l’estensione, la diversificazione e l’innalzamento della qualità della stessa offerta. Debbono però pienamente ricadere sotto una regia pubblica in grado di promuovere l’innovatività delle esperienze attraverso sia l’utilizzo delle strutture e degli spazi in un’ottica di edilizia scolastica innovativa, sia la programmazione e la definizione di modalità di gestione finalizzate a un progetto pedagogico centrato sulla continuità educativa.
In questo contesto sottolineiamo il ritardo con cui sono costituiti e valorizzatii coordinamenti pedagogici territoriali, già previsti dal D.Lgs. L. 65, ma ancora assenti in molti territori, quale strumento di efficace integrazione di quel sistema pubblico e privato che caratterizza la gestione dei servizi.
Richiamiamo questo impegno ben sapendo che il sistema Sud rimane ancora un ambito territoriale che richiede impegni adeguati e tempestivi. Il Sud deve diventare uno degli obiettivi prioritari dell’azione politica amministrativa e anche nostra per rendere effettivamente esigibili quei diritti che oggi in gran parte mancano ai bambini che lì risiedono.
Consideriamo peraltro che i servizi integrativi non possano essere intesi come sostitutivi dei servizi di base educativi zero-sei (nidi e scuole per l’infanzia), ma siano comunque chiamati ad integrarne la funzione educativa, favorendo nel contempo la valorizzazione della “comunità educante” e il rapporto con le famiglie.
In una realtà sociale in continuo movimento dove la famiglia, o meglio ancora la famiglia nella sua pluralità costitutiva, è sempre più soggetta a tensioni e potenziali disagi, dobbiamo sottolineare come la crescita di un bambino non sembri solo più essere un fatto tutto e solo interno alla famiglia stessa, ma debba essere letta anche all’interno di una dimensione sociale più complessiva, ovvero nell’ambito di una responsabilità che è si genitoriale ma anche della comunità nel suo complesso. E’ dunque sempre più necessario che, se per fare crescere un bambino ci vuole un intero villaggio – come recita un proverbio africano – sia l’intero sistema nel suo complesso a considerare la spesa per i processi educativi e formativi non uno spreco, ma un serio investimento per il futuro.
Non solo un investimento di tipo economico, che già svariati e diversi studi hanno dimostrato, ma sociale e di benessere per il futuro dell’intera collettività. Il sistema 0 6 può e deve infatti essere inteso anche come palestra di democrazia, nell’ambito di una comunità educante che trova nei processi di apprendimento, nel confronto, nell’ascolto, nell’uguaglianza partendo dal riconoscimento delle differenze un senso civile e comunitario
Non dimentichiamo inoltre che l’Italia ha aderito all’Agenda ONU 2030 per lo Sviluppo Sostenibile che, all’obiettivo 4, prescrive: “Fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti”. Ogni bambino può e deve crescere lontano da violenza e sfruttamento attraverso la possibilità di accedere ad una scuola/educazione di qualità, un consumo sostenibile, un’attenzione e presa in carico di azioni attente ai processi in corso. Riteniamo che sviluppare un’etica della responsabilità e una cittadinanza attiva nel prendersi cura di sé stessi, dell’altro e dell’ambiente tutto già dalla nascita con azioni che trasformino il nostro rapporto con il mondo naturale sia oggi uno dei compiti decisivi anche per rispondere alla complessità del sistema in cui tutti agiamo. Peraltro, il dibattito sulla riapertura dei servizi educativi per la prima infanzia e delle scuole in epoca COvid 19 ha impresso un’accelerazione e una urgenza al confronto su una cultura ecologica che deve permeare una nuova idea di educazione. Per questo, sosteniamo da tempo che la relazione “ecologica” con l’ambiente, intesa nelle sue svariate accezioni, debba entrare dentro il progetto pedagogico del sistema educativo e delle scuole di ogni ordine e grado.
La ridefinizione anche quantitativa nei servizi deve comunque essere costantemente accompagnata da livelli di qualità pertinenti agli obiettivi che abbiamo finora indicato. Più servizi 0 6 in cambio della compressione del sistema della qualità è uno scambio inaccettabile.
Riteniamo non più rinviabile la definizione di Livelli Essenziali delle Prestazioni che individuino garanzie omogenee nelle forme e nelle modalità dell’erogazione dei servizi educativi 0-3 in ogni parte del territorio nazionale. Il Quadro Europeo per la Qualità dei servizi educativi e di cura per l’infanzia approvato con la Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea nel 2019 può essere punto di riferimento per questa elaborazione. Nella struttura istituzionale della governance potrebbe essere la Conferenza Unificata Stato – Regioni – Autonomie Locali la sede più opportuna per i necessari accordi comuni.
Sicuramente la qualità richiede attenzione anche alle condizioni di coloro che nei servizi lavorano, che richiamiamo come uno dei grandi valori del sistema. Ma certo sarà opportuno avviare, in conseguenza dell’introduzione della qualificazione universitaria del personale educativo e pur nel rispetto dell’autonomia contrattuale delle parti, un processo di massima omogeneizzazione possibile in termini di inquadramento e di retribuzione dei lavoratori. L’attuale proliferazione delle situazioni contrattuali non facilita certo quell’integrazione dei sistemi da molte parti invocato. E non ci sembra inopportuno ritenere che a parità di mansioni e funzioni l’equipollenza nel riconoscimento delle prestazioni sia un fattore di equità e non discriminazione.
Così come ci appare necessario un ripensamento degli attuali percorsi formativi, perché l’effettiva integrazione del sistema 0 6 sia avviato sin dalla costituzione dei saperi e delle competenze richieste. Se dunque personale e formazione sono elementi essenziali per garantire qualità e omogeneità sui territori, sarà altrettanto necessario investire le risorse necessarie per assunzioni e percorsi di formazione integrata, anche modificando i limiti assunzionali imposti agli enti locali.
Ribadiamo la centralità del D.Lgs.65 / 2017, intanto per la “conquista” anche culturale dei servizi 0 6 come specifici del sistema dell’istruzione e non più dell’assistenza. Anche se aspetti sociali ci sono, è tuttavia innegabile, come abbiamo già detto, che ormai i percorsi educativi nei primi anni di vita siano fondamentali per lo sviluppo dei saperi, delle competenze e delle dimensioni sociali e relazionali.
È tuttavia da richiamare il rischio tutto italiano di scrivere una norma per poi mai attuarla. Alcuni ritardi li abbiamo già segnalati: potremmo aggiungere la mancanza di un ufficio centrale presso il Ministero dell’Istruzione, come riferimento almeno operativo per il sistema di cui parliamo, il totale ritardo sulla implementazione di una anagrafe 0 3, ma ne poniamo con evidenza uno in particolare: il ritardo sulla esternazione delle linee guida del sistema 0 6.
Per tutto quanto abbiamo finora richiamato, è evidente che il D.Lgs.65/2017 e i contenuti più generali della Legge 107 siano un traguardo prezioso raggiunto con molte difficoltà, ma ormai già non più completamente coerente con i processi in corso, soprattutto per le parti che sono rimaste inattuate. Proprio per una dimensione che ricaviamo dai fondatori del Gruppo Nazionale, dobbiamo difendere o ancora rivendicare la piena attuazione del dettato normativo, tuttavia guardando, laddove necessario, oltre.
Le linee guida dovrebbero poter aprire una discussione ampia e generalizzata per confrontarci su quell’oltre, pedagogico e di sistema, che dobbiamo immaginare. Sono possibilmente aperti ( ricordiamo il senso malaguzziano della possibilità) molti temi: il riferimento resta lo 0 6 o forse è necessario iniziare a ragionare su un arco più ampio, almeno lo 0 12? Il tema del curricolo, che potrebbe essere 0 6 per favorire la richiamata effettiva integrazione del sistema, oppure non necessita aprire un dibattito in tal senso? Gli spazi e i tempi dell’educazione e dell’offerta educativa, come si possono ragionare in funzione delle nuove dinamiche anche culturali che prima abbiamo richiamato?
Sono – questi- temi che, oltre a quelli sopra cennati, giustificano il Gruppo Nazionale nei prossimi anni? Sicuramente si.
Intanto perché come ci dice Vittoria, 5 anni (si vede nel video) “Il gruppo è una cosa che vale. Dentro ci sono tutte le idee e tutti i pensieri e tutto si abbraccia”. E’ una grande, bella, efficace descrizione che già basterebbe a spiegare perché stare in gruppo, lavorare insieme, pensare e progettare collettivamente abbia un senso.
Perché impegnandoci in particolare sui temi educativi e sul contesto in cui i sistemi operano vuol dire assumere una riflessione critica sull’attuale sistema e sull’attualità dei servizi di fronte a un mondo cambiato e che sta cambiando;
Perché vuol dire porsi come interlocutore attivo nei confronti di ministeri, regioni, amministrazioni, partiti, sindacati per quella connessione tra progettazione educativa e politica che sempre Loris Malaguzzi richiamava;
Perché vuol dire perseguire alleanze con tutti i soggetti a vocazione educativa ( siano essi reti educative e sociali, associazioni di cittadini, genitori, educatori, professionisti) per tessere reti che abbiano almeno la capacità di far sentire i soggetti direttamente coinvolti e interessati;
Perché dobbiamo ripercorrere una dimensione e una vocazione internazionale, soprattutto con i popoli dì provenienza.
Per questo oggi diventa importante segnare una appartenenza: in un sistema che tende a elogiare la disintermediazione, a considerare superflui corpi intermedi, associazioni ed enti del terzo settore, a pensare che siano da evitare percorsi collettivi di coerenza, perché inutili e dispendiosi, noi rivendichiamo il diritto di essere una comunità, di potere elaborare reti di pensiero, di suggestioni, di azioni, di , come abbiamo già detto, essere promozione e azione politica per l’infanzia.
Diceva Fernand Deligny:
“Se per così poco ti sei stancato di questo mestiere, non salire sulla nostra imbarcazione perché il nostro carburante è il fallimento quotidiano, le nostre vele si gonfiano di sghignazzi e noi lavoriamo sodo per tornare al porto con minuscole aringhe mentre eravamo partiti per pescare la balena”.
Forse, ci diciamo, poteva servire la balena, ma il mare è fatto di così tante aringhe con cui è bello sguazzare.
Come ricordava Loris Malaguzzi:
“Con il Gruppo di Lavoro degli Asili Nido abbiamo gettato gomene, abbiamo rinfrancato chi lavorava nelle istituzioni, consolidato esistenze e sopravvivenze, stimolato regioni e comuni, fatto crescere ragioni di vita e professionalità. Abbiamo raccolto solidarietà e intelligenze, prodotto convegni, seminari, rafforzato sperimentazioni e ricerche teoriche, bandendo pregiudizi e culture abdicatrici. Abbiamo trovato la forza di misurarci con politici e sindacalisti quando il nido, attaccabile sul piano delle funzioni e risposte sociali, veniva attaccato sul piano amministravo e fatto bersaglio di colpi mortali. Non abbiamo mai vinto ma non abbiamo mai perduto.”
È ancora il tempo di continuare in questo impegno.
Buoni prossimi quarant’anni.