L’approvazione della nuova legge regionale veneta che modifica ed integra la n. 32 del 1990, e che disciplina gli interventi regionali per i servizi educativi alla prima infanzia, sia quelli tradizionali come i nidi, sia quelli più innovativi, prevede, da ora in poi, che le graduatorie per l’ammissione ai nidi d’infanzia pubblici della regione privilegino prioritariamente “i figli di genitori residenti in Veneto ininterrottamente da almeno quindici anni o che prestino attività lavorativa in Veneto ininterrottamente da almeno quindici anni”.
Vorrei al proposito citare numerosi passaggi biblici che tornano utili per affermare che la regione Veneto, nota come il territorio in cui più che in altre parti del nostro paese è tradizionalmente radicata la religione cattolica, abbia tradito, con questa scelta, proprio la natura profonda del messaggio cristiano.
Nell’antico testamento, in diversi passi, troviamo un’importante ammissione che recita così: «Vi sarà una sola legge per il nativo e per lo straniero che è residente in mezzo a voi» (Es 12,49).
Nel nuovo testamento Gesù disse: “Continuate a chiedere, e vi sarà dato; continuate a cercare, e troverete; continuate a bussare, e vi sarà aperto. Poiché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto” (Matteo 7.7, 8). E ancora Gesù proseguì dicendo: “Tutte le cose dunque che volete che gli uomini vi facciano, anche voi dovete similmente farle loro” (Matteo 7.12).
E che dire dei Magi che, assieme agli umili, incontrarono Gesù per primi e mossi, nella metafora del viaggio esistenziale, da una luce che li orientava, la cometa, diedero vita al dialogo tra uomini di culture differenti e di religioni diverse, disponibili a comunicare e a relazionarsi tra loro attraverso “nuove comete” cioè nuove rotte illuminate dal valore dell’incontro.
Insomma si potrebbe continuare in questo elenco di citazioni, ma non desidero eccedere.
Mi sposto su un altro fronte, più laico, quello della filosofia e della psicanalisi per rintracciare lì le ragioni di una tale deformazione del genere umano che lo porta a scelte come quella della Regione Veneto che in altre parole considera “diverso” non solo lo straniero nato in altri continenti, ma anche per esempio il bambino romagnolo nato a Forlì, se non abita sul territorio veneto da almeno 15 anni, privandolo così del diritto di accesso ai servizi fondamentali, generativi di cultura pedagogica e ancor più di coesione sociale.
E vado a Schopenhauer, filosofo del romanticismo che ha attraversato due secoli fa l’Europa e dunque anche il Veneto , secondo il quale ciascuno di noi è abitato da una doppia soggettività: la “soggettività della specie” che impiega gli individui per i suoi interessi, che sono poi quelli della propria conservazione, e la “soggettività dell’individuo” che si illude di disegnare un mondo in base ai suoi progetti, che altro non sono se non illusioni per vivere e non accorgersi che a scandire il ritmo della vita sono le immodificabili esigenze della specie.
Se nelle scelte politiche emerge il dominio della soggettività della specie che esalta l’ipertrofia dell’io e che considera il territorio circondato e definito da confini non solo simbolici, ma realmente tracciati da steccati, muri e fili spinati, allora si comprende come la paura di un “altro io” che si affaccia sulla scena, il cui volto o il cui pensiero implica un incontro, uno sguardo, possa produrre la manifestazione distorta di quelle due esigenze della specie che Freud considerava la sessualità che serve per la procreazione e quindi per la riproduzione della specie, della razza, e l’aggressività che serve per la difesa della prole, solo della propria prole.
Bisogna però aggiungere, e lo vorrei fare rivolgendomi ai firmatari della legge regionale veneta, che i primi sintomi del nazionalismo tedesco che portarono alla costituzione del Terzo Reich, furono proprio quelli che non esitarono a vedere nei non autoctoni, intesi come razza ariana, coloro da rigettare.
La parola ariano deriva dal sanscrito arya e si assomiglia al termine occidentale nobile e nei rig –veda ( testi filosofici della cultura vedica a cui si ispira la religione induista); alcune popolazioni utilizzarono questo termine per autodefinirsi in una sorta di esaltazione nazionale che si manifestò in alcune aree della pianura dell’Asia centrale tra clan di differente etnia, per determinare una sopraffazione delle une sulle altre.
Ma eravamo agli albori dell’umanità.
Noi invece abbiamo inaugurato da oltre quindici anni il 2000 e allora a partire dalle considerazioni succitate, ritengo di poter esprimere a nome del Gruppo nazionale nidi infanzia tutta l’indignazione per una legge che non trova ragione se non in una paralisi del pensiero che fa arretrare il genere umano di anni luce, appunto prima della nascita della civiltà greca, dalla quale noi proveniamo e alla quale dovremmo ritornare ogni tanto per ricordarci il valore della comunità e l’importanza del principio di accoglienza che la caratterizzava.
Sandra Benedetti